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lunedì 22 agosto 2011

"Così abbiamo salvato nove vite in una settimana" "abbiamo già operato sette testimoni di Geova"

"Così abbiamo salvato nove vite in una settimana"

L'intervista al professor Filipponi sul record del centro Trapianti di fegato di Ferragosto

Medici (Foto Ansa)
Pisa, 19 agosto 2011 - UN FIORENTINO trapiantato a Pisa. E’ il professor Franco Filipponi che dirige il Centro trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliera universitaria. Un centro da record: soltanto nella settimana di ferragosto ha eseguito ben nove operazioni che hanno ridato la vita ad altrettante persone.
Un’eccezione?
«Ogni tanto si creano grappoli di donatori. Una situazione simile si era verificata già nel 2008. Ma numeri alti si sono avuti anche l’anno successivo. L’andamento delle donazioni non è prevedibile. Fondamentale, dunque, è riuscire a sfruttare la disponibilità. Così il sistema dà ottimi risultati».
In un periodo di grande crisi, di tagli al settore e di ferie. Qual è il segreto?
«Organizzazione, ma anche consapevolezza che chi lavora in questa struttura, lo fa in un centro di eccellenza la cui storia è iniziata nel 1996, quando è arrivata l’autorizzazione al trapianto di fegato. Ci sono stati poi anni di alti e bassi dovuti proprio al flusso delle donazioni. Nel 2004, tutto è diventato più stabile grazie all’Organizzazione toscana trapianti».
Insomma, in mezzo a tanti casi di malasanità, l’eccellenza si fa notare.
«In effetti, l’Aoup è all’avanguardia e il centro, che è in grado di paragonarsi con l’Europa, meriterebbe maggiore attenzione».
Più attenzione dalla sanità regionale?
«Sì, perché il lavoro è impegnativo: la struttura non chiude mai, è aperta 24 ore su 24. Basti pensare che l’equipe che ha lavorato agli ultimi interventi tra personale medico, infermieristico e di supporto, è formata da oltre 100 persone. Tutte con una forte motivazione».
Lei è nato nella città del Rinascimento, si è formato a Parigi e oggi opera a Pisa. Come vede il rapporto tra le realtà toscane?
«Un po’ di campanilismo è inevitabile. Ma la Toscana ha una fortuna inestimabile. Gli anni ’90 erano caratterizzati dagli italiani che emigravano in cerca di un trapianto in Europa. Ora non è più così. Siamo un punto di riferimento extraregione: tant’è che i nostri pazienti arrivano per metà fuori dai confini regionali. Ma la collaborazione con tutte le aziende toscane è ottimale».
Già, i vostri ‘clienti’, chi sono?
«Per lo più uomini: la degenza media è di 15 giorni».
Quanto devono aspettare, prima?
«Quello pisano è il primo centro in Italia per i tempi di lista di attesa medi (4 mesi). Subito dopo, viene Torino con due mesi in più».
E i donatori?
«Sono quasi tutti toscani. La capacità di donazione delle nostre Rianimazioni è molto elevata: grazie ai nostri colleghi ma anche ai familiari di chi dona».
Com’è il presente del settore?
«Da 3-4 anni, i trapiantanti non ricevono sangue. Per questo, nell’ultimo bienno, abbiamo già operato sette testimoni di Geova».
Il futuro?
«Si guarda alle staminali del fegato, ma si tratta ancora di una speranza. Il trapianto da vivente, di fatto, è ancora eccezionale. L’obiettivo, al momento, è la compatibilità facendo sempre più attenzione alla difficilissima attività di selezione del donatore»

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